La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30298 del 18.12.2017, pubblicata il 05.05.2018, afferma la possibilità di neutralizzare la richiesta di pagamento proveniente da un fallimento facendo valere un proprio controcredito verso quello stesso fallimento. Nella specie era successo che il fallimento si fosse sciolto da un contratto preliminare relativo ad un immobile e avesse chiesto ed ottenuto un corrispettivo per l'illegittima occupazione dell'immobile. L'occupante aveva eccepito in compensazione il proprio credito per i miglioramenti apportati all'immobile. La soluzione adottata nel caso di specie trova, comunque, applicazione in ogni situazione in cui ad un credito del fallito venga opposto in compensazione un proprio credito. Inizialmente, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d'Appello (nello specifico, quella di Catania), avevano respinto la domanda, facendo malgoverno della Legge Fallimentare, stando alla quale qualsiasi pretesa rivolta verso un fallimento deve essere accertata con la particolare procedura dell'accertamento del passivo (art. 92 e segg. L.F.). Questa procedura, che consente la partecipazione di tutti creditori, è stata ritenuta idonea a garantire la par condicio creditorum. Si tratta dell'unica forma possibile. Saranno, pertanto, escluse iniziative individuali in tempi e sedi diverse da quelle previste dalla Legge Fallimentare. Su questa premessa, i giudici di merito siciliani avevano ritenuto che la domanda del convenuto non potesse essere accolta perché da proporre nella sede fallimentare dell'accertamento del passivo. La Corte di Cassazione annulla la sentenza, chiarisce che quella del convenuto era un'eccezione riconvenzionale e stabilisce che "per giurisprudenza costante, nel giudizio proposto dalla curatela fallimentare per la condanna al pagamento di un debito di un terzo nei confronti del fallito, l'eccepibilità in compensazione di un credito dello stesso terzo verso il fallito non è condizionata alla preventiva verificazione di tale credito, purché sia stata fatta valere come eccezione riconvenzionale; solo l'eventuale eccedenza del credito del terzo verso il fallito non può essere oggetto di sentenza di condanna nei confronti del fallimento, ma deve essere oggetto di autonomo procedimento di insinuazione al passivo". Concludendo, è possibile neutralizzare la domanda del fallimento, eccependo in via riconvenzionale un proprio controcredito e limitando la domanda al rigetto della pretesa del fallimento (eccezione riconvenzionale). Laddove, tuttavia, si volesse ottenere una domanda di condanna al pagamento da parte del fallimento dell'eventuale eccedenza (domanda riconvenzionale) risultante una volta operata la compensazione, la relativa domanda dovrà essere formulata all'interno dell'accertamento del passivo in sede fallimentare.
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